venerdì 4 marzo 2016

Sulla scena del crimine La prova dell'immagine dalla Sindone ai droni, in mostra a Torino


Rimarrà aperta fino al 1° maggio 2016 la mostra "Sulla scena del crimine - La prova dell'immagine dalla Sindone ai droni" presso Camera, il Centro Italiano per la Fotografia di Torino, via delle Rosine 18.

L'esposizione, una coproduzione di Camera con Le Bal (Parigi), The Photographers' Gallery (Londra) e Nederlands Fotomuseum (Rotterdam), è stata ideata da Diane Dufour, curata da Diane Dufour, Luce Lebart, Christian Delage ed Eyal Weizman in collaborazione con Jennifer L. Mnookin, Anthony Petiteau, Tomasz Kiny, Thomas Keenan ed Erc Stover.

In contemporanea altre due mostre, "Oh man" della fotografa Lise Sarfati, a cura di Francesco Zanot  e "Kabul+Baghdad"di Antonio Ottomanelli, in esposizione fino al 13 marzo 2016.


Cos'è Camera
Partiamo innanzitutto con una bellissima notizia, che va al di là delle mostre temporanee. Da pochi mesi (per la precisione da ottobre 2015) a Torino è stato aperto uno spazio dedicato alla fotografia in cui non solo ci saranno esposizioni di respiro internazionale, ma ci sarà anche formazione e visite e laboratori pensati appositamente per i bambini, per le famiglie e per chi vuole approfondire questo magico mondo che è la fotografia e il suo linguaggio. Un punto di riferimento dunque di grande valore.

L'attività espositiva si basa su un nucleo di tre mostre all'anno (le prossime dedicate a Francesco Jodice e a Stephen Shore...), accompagnate da una serie di progetti complementari di durata più breve. Lo spazio di duemila metri quadri si colloca in un antico edificio (dove fu aperta la prima scuola pubblica del Regno d'Italia) sito al centro storico di Torino (ma non abbiate paura, è stato rimesso a nuovo - il progetto è a opera dell'architetto Benedetto Camerana - con possibilità di accesso anche per i disabili).
Il punto di forza di questo centro è di dare spazio sia a mostre di rilievo internazionale, sia a esposizioni di fotografi emergenti.

Inoltre, il dipartimento Archivi si sta impegnando per valorizzare il patrimonio fotografico italiano e per sviluppare, di concerto con Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, un progetto legato al censimento degli archivi fotografici.

La Didattica è dedicata agli studenti di scuola primaria, secondaria di primo e secondo livello, e prevede anche una serie di workshop, seminari e master rivolti al pubblico adulto, che coinvolgeranno l'ICP (international Center of Photography) di New York (il Masterclass ICP in collaborazione con Leika... avrà un primo incontro a luglio dal titolo "Visual Storytelling in the digital age" e sarà rivolto a 24 studenti che decideranno di partecipare a un master diviso in quattro sezioni), Magnum Photos (tra gli invitati ci saranno Thomas Dworzak, Bruce Gilden, David Alan, Harvey e Mark Power) e Leica AKademie Italy.
Il tutto per sviluppare la capacità critica nelle persone e rendere Camera un riferimento europeo per l'educazione fotografica.
E per concludere, alle 19.00 sono già partiti da febbraio "I giovedì in Camera", un programma di incontri aperti al pubblico per accendere il dibattito, grazie alla presenza di protagonisti del mondo della cultura e della fotografia... (peccato non vivere a Torino!!!).

Ma non è finita! C'è anche il dipartimento Territori che organizza diverse attività. in particolare mostre, corsi, conferenze in collaborazione con varie istituzioni anche fuori sede. (Per esempio, fino al 6 marzo in occasione del decennale delle Olimpiadi Invernali Torinesi ci sarà un'esposizione collettiva con scatti attraverso un call alla cittadinanza...).

All'interno, non manca una libreria curata da Corraini.

Il progetto Camera è reso possibile dal patrocinio e dal sostegno della città di Torino, e grazie al contributo di Eni, Intesa San Paolo - da sempre attente al mondo dell'arte e della cultura - , e in aggiunta Magnum Photo per vocazione attenta alla promozione di attività legate alla fotografia. Sostenitori anche il Lanificio Reda e Lavazza. Infine, sponsor tecnico è Leica Camera Italia, il cui Leica Store ha aperto proprio uno spazio all'interno di Camera.



Ma veniamo alle bellissime mostre in programma, che ho avuto la fortuna di visitare.


"Le immagini possono effettivamente 
costituire una prova - ma la prova di cosa esattamente? 
Questa è una domanda 
a cui non può rispondere la fotografia da sola."
 Jennifer L. Mnookin


Sulla scena del crimine - La prova dell'immagine dalla Sindone ai droni
Questa mostra di respiro internazionale, frutto di una coproduzione con Le Bal di Parigi, la Photographer's Gallery di Londra e il Netherlands FotoMuseum di Rotterdam, è stata ideata da Diane Dufour - in collaborazione con  Luce Lebart, Delage e Eyal Weizman, con il contributo di Jennifer L. Mnookin, Anthony Petiteau, Tomasz Kizny, Thomas Keenan ed Eric Stover - con l'allestimento di Marco Palmieri.
L'esposizione mostra l'evoluzione della fotografia forense, attraverso undici casi esemplari che coprono quasi un secolo, dall'800 con l'invenzione della fotografia metrica, impiegata nelle scene del crimine, all'uso dei mezzi digitali.

Diane Dufour ha spiegato che l'idea della mostra è partita cinque anni fa, una grande e stimolante avventura che le ha consentito di raccogliere materiale, anche forense, di difficile reperimento. La mostra, inizialmente presentata a Le Bal - un luogo diventato oggi un punto di riferimento per la fotografia a Parigi - si propone di presentare le immagini come strumento di una prova di un crimine, sia in casi di violenza fisica individuale, sia in casi di violenza collettiva. Gli esperti che impiegano le immagini come prove non sono né giornalisti né artisti.

L'esposizione vuole raccontare l'evoluzione delle tecniche che hanno permesso alle immagini di diventare prove per casi eclatanti, come il massacro dei curdi o attacchi da parte di droni.
L'immagine non è una prova di per sé, ma per gli esperti mostra al tempo stesso segni chiari e confusi, dettagli primordiali che possono aiutare durante un'inchiesta. L'immagine infatti è una sorta di enigma (documenta e rivela ma al tempo stesso nasconde fornendo indizi a volte fuorvianti) che diventa prova nel momento in cui viene attuato un preciso protocollo. E questo protocollo si è evoluto nel corso degli anni. Sono stati quindi selezionati undici casi giudiziari per mostrare come un approccio scientifico alla fotografia possa renderla uno strumento giudiziario.
La mostra al tempo stesso vuole esplorare la potenza e i limiti del mezzo fotografico, alla ricerca della verità, la potenza delle immagini rispetto alle parole. Giungere alla verità è un "esercizio complesso e pericoloso" che comporta un margine di errore, a cui si arriva attraverso indizi, scenari ipotetic. Infine, la validazione dell'immagine come prova dipende anche dall'uso delle parole e dall'arte retorica praticata nei tribunali.

1. La prima fotografia "criminale" è quella della Sindone, di cui un fotografo amatoriale scattò le prime foto durante l'ostensione a Torino nel 1868. A quel tempo si pensava che questo pezzo di tessuto, lungo oltre quattro metri, avesse trattenuto lievi tracce di un'impressione del corpo e del volto di Gesù. Da questo momento iniziò il dibattito scientifico sull'autenticità della scoperta... fino al 1986 quando alcuni test al carbonio di campioni  consentirono la datazione della Sindone rivelando che il corpo, di un uomo che aveva subito tracce di flagellazione e che fu fustigato e crocifisso, risaleva aa un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 dopo Cristo.

2. Ma la fotografia diventa uno strumento di indagine per le scene del crimine con il francese Alphonse Bertillon che nel 1903 inventa la fotografia metrica; un protocollo scientifico preciso indicava come scattare le fotografie, in seguito sovrapposte con cartoncini che fonirvano graduazioni in centimetri. Oltre all'identificazione dei corpi, la fotografia metrica venne usata anche per registrare e ricreare con esattezza le scene del crimine, e si scoprì che aveva un effetto psicologico sia sull'accusato sia sulla giuria.

3. Un allievo di Bertillon, Rodolphe A. Reiss, chimico e fotografo tedesco, nel 1909 fondò a Losanna l'istituto di scienze forensi (ottenne la prima cattedra forense nel 1996). Pioniere del lavoro investigativo tecnico, considerava ogni aspetto dell'immagine - dall'esame dei cadaveri alla rilevazione dei tracce fino alle impronte - partendo sempre da una panoramica per avvicinarsi gradualmente ai dettagli, esplorando tutti i componenti della scena del crimine. Secondo lui, "La macchina fotografica vede tutto e registra tutto".

4. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, la fotografia venne associata all'aeroplano. Già nell'agosto 1914 le missioni britanniche venivano immortalate con macchine fotografiche e nacquero le prime unità specializzate nelle ricognizioni aeree: la fotografia era considerata oggettiva, esatta e immediata, rivelandosi essenziale nelle operazioni militari. Le fotografie militari dell'epoca consentono di affiancare due vedute di uno stesso luogo prima e dopo il bombardamento.

5. Vent'anni dopo la Rivoluzione di Ottobre (La fase finale e decisiva della rivoluzione russa iniziata nel febbraio 1917, che portò alla caduta dell'impero russo degli zar), il regime sovietico commise un crimine contro l'Umanità di entità fino ad allora sconosciuta. In poco più di un anno (tra l'agosto 1937 e il novembre 1938) 750mila cittadini sovietici vennero condannati a morte e fucilati (50mila esecuzioni al mese!); oltre a questo, 70mila persone furono condannate a lunghi periodi di prigionia nei Gulag. Un totale di un milione e mezzo di vittime, torturate a morte prima di confessare crimini assurdi e immaginari. Molte vittime venivano fotografate e catalogate uno o due giorni prima dell'esecuzione (di profilo e di fronte, secondo il sistema ideato da Bertillon). Per fortuna, nonostante tentativi di occultamento, le fotografie sono tornate alla luce e riportano alla memoria persone che si volevano far scomparire...



6. Il processo di Norimberga, testimonia come le fotografie furono usate il 29 novembre 1945 in un'aula di tribunale, in cui erano presenti 21 maggiori criminali nazisti. Le immagini vennero usate come prove di crimini contro l'umanità. Quel giorno gli avocati americani mostrarono il video Nazi Concentration Camps (qui il link), come prova a carico degli imputati. Le immagini della scoperta dei campi di concentramento erano state realizzate dagli Alleati seguendo un preciso set di istruzioni per fornire un resoconto della stato in cui versavano le vittime sopravvissute ai massacri.






7. Il cranio di Mengele testimonia invece un "processo alle ossa". Infatti, nel 1984 fu trovato nei sobborghi di Sna Paolo, in Brasile, un corpo che poteva corrispondere a Josef Mengele, il cosiddetto "macellaio di Auschwitz" o "angelo della morte".
I migliori esperti forensi furono incaricati di esaminare e identificare lo scheletro, ricercato da tempo. Usando elementi della biografia di Mengele, fotografie, registri medici, il team di esperti - guidati da Clyde Snow - mise a punto un sistema di osteobiografia, ossia di biografia delle ossa. Snow disse che "le ossa sono ottimi testimoni, che non mentono mai e non dimenticano mai".  Dal canto suo Richard Helmer, patologo e fotografo tedesco, lavorò con una tecnica videografica sovrapponendo volto e cranio, per capire se entrambe appartenessero alla stessa persona. Il volto veniva diviso a metà cancellando dallo schermo il viso fotografato per rivelare il cranio, e viceversa.


8. Durante gli attacchi israeliani a Gaza tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009 vennero uccise circa 1400 persone, mentre cinquemila furono costrette a lasciare la loro csa e 150mila edifici furono distrutti. Nella primavera del 2009 il governo di Hamas iniziò  costruire un archivio sulla "verifica della distruzione di edifici dopo gli attacchi degli occupanti israeliani", indicando lotto, tipo di edificio, piani. Le schede registrano anche i tipi dei danni riportati. Il libro delle distruzioni riporta un ampio archivio fotografico.

9 Attacchi di droni: nel Miranshan, una regione al confine con il Pakistan, gli attacchi sono frequenti e poco documentabili. Infatti, le immagini satellitari hanno una risoluzione tale darendere invisibile l'attacco di droni. Poiché sul posto è impossibile portare apparecchi elettronici quali navigatori, cellulari e fotocamere, i reportage sono quelli dei fotografi presenti e dei testimoni oculari. Questo blackout comunicativo consente l'attacco con i droni (vietato!).  Il buco causato da un attacco di un drone a un tetto apparirebbe solo come una variazione di pixel, un pixel più scuro di un altro.
Per "fortuna" nel 2012 il 30 marzo a Miranshah, in Warziristan, Forensic Architecture ha recuperato un video di 22 secondi, la cui analisi ha consensito di comprendere che un attacco da parte di droni aveva ucciso quattro persone. Questa testimonianza è stata presentata all'Assemblea Generale dell'ONu a NY il 25 ottobre 2013.





10. Attacchi in Kurdistan. L'esercito iracheno sradicò 4 milioni di curdi dal Kurdistan Iracheno. Koreme era un villaggio che si trovava nel Kurdistan settentrionale e venne analizzata insiem ad altri 4000 villaggi curdi. Nel 1998 l'esercito iracheno catturò gli abitanti di Koreme giustiziando 27 tra giovani e ragazzi, mentre donne, bambini e anziani furono trasferiti in un campo di concentramento in Kurdistan meridionale. Koreme fu poi rasa al suolo.
Tra il 26 maggio e il 22 giugno 1992 Physicians for Humas Rights e Middle East Watch, riunirono una squadra di esperti internazionali, tra cui l'antropologo forense Clyde Collins Snow e l'architetto James Briscoe. La squadra portò alla luce quattro fosse comuni, documentate dalla fotografa della Magnum Susan Meiselas.





11. Rivendicazioni territoriali dei beduini nel deserto del Negev. Tra il 1948 3 il 1953 i militari israeliani espulsero quasi il 90% dei beduini del Negev. Da alllora i beduni, confinati in un'area ristretta, tentano di ritornare nelle terre loro confiscate. Le prove più importanti che testimoniano la loro presenza sul territorio sono foto aeree che risalgono a prima della costituzione dello Stato di ISraele, scattate alla fine della Seconda Guerra Mondiale (tra dicembre 1944 e maggio 1945), quando la Rayl Force Britannica stava effettuando una mappatura sistematica della Palestina.
Se da un lato lo stato Israeliano sostiene che le foto non mostrano segni di insediamenti, attenti organizzazioni indipendenti mostrano invece come dalle foto si possa risalire alle tombe del cimitero di Al Araquib.






Kabul + Baghdad
Questa mostra inaugura la serie dedicata ai giovali talenti italiani. Antonio Ottomanelli, architetto che ha compiuto i suoi studi tra Milano e Lisbona, impiega la fotografia come strumento per indagare il territorio e come indicatore di dinamiche sociali e tensioni geopolitiche nelle aree di conflitto. La personale, allestita nel corridoio monumentale di Camera, fa riflettere su tematiche delicate, cercando anche in parte di colmare un vuoto informativo.
Il fotografo, attraverso due progetti Big Eye Kabul e Mapping identity, pone lo sguardo e l'accento su due luoghi soggetti alla distruzione e alla ricostruzione, quali sono due Paesi come l'Afganistan e l'Iraq. Il reporter ha riflettuto su come dopo un attacco o una distruzione di un luogo la prima perdita sia quello di smettere di andarci, di dimenticarlo.



Il soggetto principale è lo spazio urbano: in Big Eye lo sguardo si pone dal basso verso l'alto seguendo i dirigibili americani che aleggiano osservando i territori afgani, senza smettere mai. In queste immagini cerca di far riflettere sulla necessità da un lato di un controllo per la sicurezza, dall'altro della spinta verso la libertà;


In Mapping identity ha invece lavorato a Baghdad con studenti universitari, chiamati a ricomporre il loro sguardo sulla città, attraverso la memoria e l'esperienza diretta. Dopo la distruzione del 2003 la città ha subito un notevole cambiamento dal punto di vista urbano senza essere più censita o mappata. L'ultima mappa risale infatti al 2003 ed è stata realizzata per scopi stretegici e militari dall'esercito americano. Mapping identity vuole colmare questo vuoto per riappriopriarsi della città. Realizzato con alcuni studenti dell'università di Baghdad (tra 18 e 35 anni, quindi con esperienze completamente diverse), il lavoro si compone di una serie di mappe parziali disegnate dagli stessi studenti su invito dell'artista, guidati nel percorso di ricostruzione sulla base dell'esperienza diretta. I segni neri indicano il passato prebellico, quelli rossi tutto ciò che è cambiato ed è stato integrato. Fissare sulla mappa della città un pezzo della loro vita... raccontare anche quello che non avevano vissuto. Infatti, un ragazzo si è rifiutato di lavorare sulla mappa, inserendo proprio quella ultima a disposizione, dicendo che era così che avrebbe voluto vivere e vedere la sua cittaà.






Oh Man
Questo progetto di Lise Sarfati, artista e fotografa francese, che vive e lavora tra Parigi e Los Angeles (che dal 1997 al 2011 ha fatto parte dell'agenzia fotografica Mognum Photos), allestita nella Project room del centro, e a cura di Francesco Zanot, raccoglie undici immagini realizzate in California, nella DownTown di Los Angelese tra il 2012/2013. Il soggetto è quello di persone in un contesto urbano, la cui carica espressiva ed energetica è principalmente legata al movimento e alla luce. I protagonisti vagano senza sapere di essere fotografati - e da fotografa rifletto sulla famosa firma di autorizzazione all'uso delle immagini che tanto blocca la fotografia spontanea e la street photography nel nostro Paese... la risposta dell'artista a questa domanda è stata "je m'en fous"... lei può permetterselo! - con risultato di un dialogo tra lo spettatore che assiste e partecipa e l'indifferenza dei soggetti delle foto. Ma protagonista è anche il tessuto urbano, con i suoi colori accesi, le reti metalliche e le insegne dei negozi.
L'artista ha spiegato che suo interesse è condividere con gli altri la fotografia e suscitare in chi la guarda una relazione, entrare in contatto, ossia fotografia come strumento di relazione. e condivisione. Ogni fotografia, ogni paesaggio ha in sé una propria individualità, un suo carattere e una storia narrativa. Siamo noi che scoviamo il carattere della città. L'uomo che cammina è un tema ricorrente nella storia dell'arte e che il movimento è un soggetto di per sé interessante. L'uomo che cammina ha in sé una sua forza e la sua libertà.

Info pratiche
Camera: Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino.
Tel. 011 0881150 . camera@camera.to / www.camera.to / pagina Facebook qui
Orari: lunedì/mercoledì/venerdì(/sabato/domenica: 11-19; martedì chiuso; giovedì 11/21.
Costo biglietti: intero (10 euro), ridotto (6 euro). Gratuito per bambini fino a 12 anni.
Info per le scuole: i laboratori sono dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 16. Info: didattica@camera.to
Visite guidate: sabato e domenica alle 17 (senza prenotazione); biglietto intero (12 euro), ridotto (8 euro). Per gruppi superiori a 10 persone la isita va prenotata scrivendo a: didattica@camera.to

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