giovedì 7 gennaio 2016

"Spinosaurus, il gigante perduto del Cretaceo", in mostra a Palazzo Dugnani, Milano


La riproduzione in grandezza naturale di Spinosauro ai Giardini Montanelli di Milano.

Rimarrà aperta fino al 10 gennaio 2016 la mostra "Spinosaurus - Il Gigante perduto del Cretaceo", promossa dal Comune di Milano/Cultura e Museo di Storia Naturale di Milano, (in occasione del semestre per Expo tra le iniziative di Expo in città), frutto di una collaborazione tra Museo di Storia Naturale di Milano, National Geographic Society, Università di Chicago e GeoModel.

Gli affreschi di Giambattista Tiepolo, nel restaurato Palazzo Dugnani.
In occasione dell'inaugurazione, avvenuta lo scorso 5 giugno, è stato riaperto lo storico Palazzo Dugnani (prima sede del Museo di Storia Naturale di Milano), in via Manin 2, che diventerà luogo di mostre temporanee dedicate alle scienze (questa è la prima). Anzi, l'idea è di far diventare i Giardini Montanelli una specie di "cittadella delle scienze".


Da sinistra, i paleontologi Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso
e l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Dal Corno.
Da sinistra, il direttore del Museo di Storia Naturale di Milano, il paleontologo Simone Maganuco,
l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Dal Corno, il paleontologo Cristiano Dal Sasso
e Mauro Scaggiante, titolare dell'azienda GeoModel, che ha realizzato i modelli in 3D della mostra.
Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso posano scherzosamente vicino al "loro" Spinosauro.
Protagonista dell'esposizione lo Spinosaurus aegyptiacus (questo il suo nome scientifico), il più grande dinosauro predatore mai esistito, una scoperta che vede in primo piano gli scienziati Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale, e il ricercatore Simone Maganuco (che ne hanno curato la mostra) oltre ad altri tecnici e artisti italiani: la preparazione dei calchi e dei modelli tridimensionali del grande dinosauro sono infatti a opera dell'azienda GeoModel (qui il blog) di Mauro Scaggiante, le bellissime tavole illlustrate sono di Davide Belladonna, i disegni delle singole ossa di Spinosaurus (che hanno consentito di ricomporre lo scheletro completo) dell'illustratore scientifico Marco Auditore.

La ricerca sul campo e la realizzazione della mostra sono state effettuate in collaborazione con il National Geographic e con un'équipe internazionale (Nizar Ibrahim e Paul Sereno (Università di Chicago), Samir Zhouri (Università Hassan II, Casablanca), e ad altri quattro ricercatori, tra cui due italiani (Matteo Fabbri, Universitày di Bristol, e Dawid Iurino, Università La Sapienza di Roma).


Spinosauro, il dinosauro semiacquatico
Ma chi è Spinosauro e perché dovete affrettarvi ad andare a vedere la mostra visto che chiude tra pochi giorni? Si tratta del più grande carnivoro mai comparso sulla terra, lungo fino a 15 metri e pesante 6/7 tonnellate - anche più grande del Tyrannosaurus rex che arrivava a 12,3 metri anche se pesava 8 tonnellate! - e vissuto 100 milioni di anni fa, che dominava i fiumi dell'Africa settentrionale - dove ora regna il deserto - e si nutriva di grossi pesci, come i celacanti

(oggi resta il cosiddetto "fossile vivente" Latimeria calumnae) o i pesci sega.


Quadrupede  -si appoggiava cioè su quattro zampe- possedeva poderosi arti anteriori con artigli ricurvi e affilati come lame, utili per catturare velocemente una preda scivolosa (mentre il T. rex. era dotato di grossi arti posteriori adatti alla vita sulla terraferma), mentre probabilmente aveva arti posteriori dotati di cosce muscolose e piedi con una membrana di pelle, come quella delle zampe palmate delle anatre, che ne agilitava lo spostamento e la propulsione (spinta) in acqua, utili anche per camminare nel fango.

Alla propulsione in acqua contribuivano anche le vertebre della coda, "articolate tra loro in modo lasco", consentendo di muoverla lateralmente con un moto ondulatorio, come fanno i pesci ossei.


Il cranio stretto ed esteso fino a un metro, con mandibole dotate di denti conici lisci -simili più a quelli di un coccodrillo che di altri predatori, come il T. rex che aveva mandibole forti con denti atti a frantumare le ossa- lo rendeva adatto a catturare i pesci, perché quando la bocca si chiudeva le mascelle formavano una vera e propria trappola da cui nemmeno una preda scivolosa poteva fuggire.

Il collo lungo spostava il baricentro (centro di gravità) dell'animale in avanti, facilitandone lo spostamento in acqua (e rendendo più faticosi gli spostamenti a terra).

La permanenza in acqua era garantita grazie alle narici  piccole e "arretrate", ovvero poste in alto, in vicinanza degli occhi, il che gli permetteva di respirare l'aria anche quando era quasi completamente immerso nell'acqua.


Ma come riusciva a catturare i pesci, anche nelle acque torbide? Ebbene, i ricercatori, grazie all'utilizzo di tecnologie innovative (si sono avvalsi di una TAC  - Tomografia Assiale Computerizzata - presso l'Ospedale Maggiore di Milano, sezionando minuziosamente le ossa raccolte) hanno trovato nel rostro - la parte anteriore del muso - dei forami, dove probabilmente erano localizzati sensori di pressione, che permettono di percepire il movimento in acqua, facilitando il ritrovamento delle prede.

Un altro dettaglio - sempre mediante la TAC - che ha permesso agli scienziati di capire che si trattava di un dinosauro acquatico è legato alla densità delle ossa, che sono particolarmente compatte e quindi "pesanti", come succede in tutti gli animali che hanno "scelto" di ritornare in acqua, come i cetacei (balene o capodogli) o pinguini (gli uccelli, si sa, hanno le ossa cave o pneumatiche, per facilitarne il volo).
Questo, pur appartenendo lo Spinosauro ai dinosauri Teropodi (i progenitori degli uccelli), dotati di ossa leggere. Tutti i dinosauri predatori terrestri hanno, invece, ossa dotate di cavità modollari aperte.

I ricercatori sono anche riusciti a datare l'età dell'animale, grazie agli anelli di accrescimento presenti nelle ossa (un po' come quelli che si ritrovano nei tronchi degli alberi) che segnano i "rallentamenti" nella crescita legati alla stagionalità. Lo scheletro fa riferimento a un esemplare "adolescente" ma già maturo, di 15/19 anni, lungo 11 metri. Se fosse arrivato allo stadio adulto avrebbe raggiunto i 15 metri.

Lo Spinosauro deve il suo nome alla presenza di enormi spine delle vertebre dorsali (sulla "schiena"), coperte di pelle a formare una gigantesca "vela. Gli scienziati ipotizzano che la vela avesse la funzione di rendere ben visibile l'animale - anche quando era immerso in acqua - e non di accumulare o disperdere il calore o immagazzinare riserve di grasso.

Lo Spinosauro erano dunque un dinosauro molto specializzato, estintosi probabilmente con la riduzione della linea di costa, che ha prosciugato gli ambienti fluviali.


Una storia che parte da lontano
Più di un secolo fa il paleontologo tedesco Ernst Stromer Freiherr von Reichenbach scoprì in Egitto le prime tracce dell'esistenza di Spinosaurus nel Sahara egiziano (oltre a catalogare oltre 45 taxa di dinosauri, coccodrilli, tartarughe e pesci). Purtroppo tutti i fossili trovati da Stromer
furono distrutti nell'aprile 1944 a causa dei bombardamenti alleati sulla città di Monaco di Baviera,
in Germania. Per fortuna sono rimasti ancora i suoi appunti, gli schizzi e le fotografie (custoditi
nell'archivio museale e nel castello della Famiglia Stromer, in Baviera) e le sue pubblicazioni scientifiche. La ricostruzione minuziosa è dovuta a un'approfondita ricerca del paleontologo Nizar Ibrahim. Qui un video del National Geographic.


Quello che colpisce maggiormente è che il lavoro di una vita di Ernst Stromer sia stato "spazzato via" in particolare per l'opposizione di questo paleontologo al nazismo. Invano, infatti, egli cercò di convincere il suo direttore a nascondere i reperti, ma questi, fervente seguace dell'ideologia li lasciò esposti, decretandone la fine (ps i miei bambini sono rimasti particolarmente colpiti dalla ricostruzione delle macerie del Museo).


I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato un nuovo scheletro scoperto nel
Sahara (in Marocco, nel 2008, lungo pendii desertici e rocciosi conosciuti come “Letti del Kem Kem”, dove un tempo si estendeva un grande sistema fluviale, dal Marocco all'Egitto), per fortuna nostra, donato alla scienza.
Naturalmente il lavoro è stato molto lungo e dettagliato e la ricostruzione è stata fatta grazie a indagini sul campo che hanno permesso di ritrovare parti dello scheletro (e aggiungo contrattazioni con cercatori locali di fossili, intuito dei paleontologi che hanno capito l'importanza dei reperti) e ossa isolate, alla tecnologia, e ai diversi documenti (foto e disegni) raccolti in diverse parti del mondo e attraverso la comparazione con ossa e scheletri di animali simili.

Per comprendere e svelare i misteri e le peculiarità di Spinosaurus, è stato creato un modello
digitale dello scheletro, grazie ai fondi stanziati dalla National Geographic Society. I ricercatori
hanno realizzato una TAC di tutti i nuovi fossili, che saranno rimpatriati in Marocco, integrandoli
con riproduzioni digitali dei reperti ritrovati da Stromer e con la scansione 3D del muso del cranio conservato al Museo di Storia Naturale di Milano, che rappresenta il più grande e completo resto cranico noto.

I reperti dello scienziato Ernst Stromer, primo scopritore dello Spinosauro.
Una mostra che vuole raccontare e condividere una scoperta
La bellezza e unicità di questa mostra, che ha finora richiamato 55mila visitatori grandi e piccoli, è di riuscire a raccontare al grande pubblico il grande valore scientifico di questa scoperta e farlo appassionare, cercando di condividere tutta la storia della ricerca, dalle sue origini

La ricostruzione delle spine dello spinosauro secondo gli studi di Stromer.
 fino alle copie tridimensionali, e alle tecnologie impiegate.


E' straordinario pensare come grazie alla collaborazione e alla passione e alla competenza di molte persone, si riesca oggi a visualizzare - attraverso calchi e ricostruzioni - un animale di cui in realtà sono state ritrovate preziose tracce, i cui tasselli sono stati messi insieme come pezzi di un puzzle.

Una mostra interattiva, che consente di vedere video, toccare calchi di ossa o denti...


e che riesce a far appassionare anche i più piccoli. A questo proposito segnalo che ADM (Associazione Didattica Museale) che ha coordinato le attività didattiche proporrà "SpinoDino va a Berlino" sabato 9 e domenica 10 gennaio alle ore 16 (per bambini da 6 a 11 anni). Queste e altre attività (alcune sono sold out!) le trovate qui. Sempre sul sito trovate informazioni utili sugli orari di visita e il prezzo dei biglietti (prevista un'offerta per le famiglie, i bambini sotto i 6 anni non pagano).
Qui il sito della mostra, qui la pagina facebook.


Se siete curiosi di vedere altro su questo spettacolare dinosauro, potete trovare qui un video del National Geographic sulla storia del rettile e ai link seguenti alcuni "stralci" del video girato con il paleontologo Cristiano Dal Sasso (ep2, ep3, ep4, ep5).


Dimenticavo. Gli appassionati saranno soddisfatti anche al Bookshoop, dove è possibile trovare alcuni libri, ben fatti, sui dinosauri (per grandi e piccoli), il catalogo della mostra e la copia del National Geographic con l'appassionante racconto del ritrovamento. 

Noi ci siamo portati a casa questi due sopra. Chi ama i gadget troverà magliette e articoli di cancelleria...Saranno ripagati anche gli amanti delle opere più tecniche e scientifiche.

Paleontologo superstar
Si può dire che Cristiano Dal Sasso abbia fatto di nuovo centro, dopo un'altra straordinaria scoperta.

Molti forse si ricorderanno, infatti, di Ciro (Scipionyx samniticus) un cucciolo di dinosauro italiano - morto pochi giorni dopo la schiusa dall'uovo - ritrovato a Pietraroja, in provincia di Benevento, che ha valso la copertina della prestigiosa rivista americana Nature, sul numero 392 del 26 marzo 1998 (infatti si tratta di uno dei più importanti fossili di dinosauro, per il suo notevole stato di conservazione che rileva tracce di organi interni). Per altre informazioni vi rimando qui al link di un articolo apparso su Repubblica e qui un video dove lo stesso paleontologo racconta la storia di Ciro.

Successivi studi dettagliati hanno permesso a Dal Sasso e a Simone Maganuco di realizzare uno studio approfondito, che ha consentito di attribuire Ciro alla famiglia dei "Compsognatidi, piccoli dinosauri ricoperti di “proto-piume”, evolutisi dallo stesso gruppo che diede origine ai tirannosauri, ai velociraptor e agli uccelli" (un approfondimento lo trovate sul sito del Museo di Storia Naturale di Milano qui e scaricare un pdf dettagliato qui).

Cervelli rimasti in Italia e fondi per la ricerca
C'è da essere davvero orgogliosi di essere italiani. E questo fa riflettere molto sui fondi che dovrebbero essere destinati alla ricerca. Perché ricerche di tale portata, anche a livello mondiale, sono lunghe e meticolose, richiedono tanta pazienza e lavoro "nascosto". Grazie alla mostra, ospitata precedentemente a National Geographic Museum di Washington, D.C, questo prezioso lavoro è ora offerto alla nostra comunità. L'esposizione poi migrerà al Museum für Naturkunde di Berlino.

Non mi resta che invitarvi ad andare a vederla...

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